IL RITORNO DEL MEDIOEVO
Di Giovanni Mariotti
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Non ci fosse stato Eugene Viollet-le-Duc (1814-1879), forse non avremmo mai goduto dello splendore di Notre-Dame e della Sainte-Chapelle di Parigi. Oppure di Carcassone, Saint-Denis, Chartres e Vézelay. Perché nel secolo scorso tutti questi siti monumentali furono ristrutturati, ma spesso e volentieri ricostruiti, dal-l'intervento del più famoso architetto francese di allora. La stessa sorte toccò al cosiddetto Château neuf (Castello nuovo) di Roquetaillade, non lontano da Bordeaux, nella regione dell'Aquitania.
Quello che vediamo oggi è solo in parte ciò che esisteva al tempo della progettazione. Il risultato finale, infatti, si deve al progetto di restauro di Viollet-le-Duc e del suo allievo Edmond-Clément-Marie-Mouis Duthoit, ingaggiati dal marchese Lodoïs François Hippolyte de Mauvesin, un ricco nobile del Périgord che sposò una discendente dei proprietari di Roquetaillade, Marie-Geneviève de Galard de Bearn. La coppia voleva trasformare la fortezza del XIV secolo in un luogo abitabile, per condurre uno stile di vita degno dell'alta società, degno di una coppia che si trovò ad ereditare una fortuna costituita dal castello, dal parco e dai vigneti annessi, per un valore che fu stimato in due milioni e mezzo di franchi. Ecco perché venne chiamato l'architetto più illustre, capace di resuscitare, manomettendoli senza troppi problemi "filologici", numerosi "pezzi" della storia francese secondo la propria personalissima idea del Medioevo. Il curriculum di Viollet-le-Duc al momento di prendere in mano Roquetaillade era impeccabile: tra i monumenti già ristrutturati si annoveravano, appunto, Notre-Dame e la Sainte-Chapelle a Parigi, senza dimenticare che aveva già lavorato nell'area di Bordeaux, oltre che in numerose altre regioni della Francia.
Oggi la costruzione si presenta senza fronzoli: un severo parallelepipedo, intervallato da 6 torri cilindriche e, nel mezzo, un'altra torre quadrata che si scorge in lontananza, tra i vigneti che punteggiano i dintorni. Semplice, confortevole, duro: sono gli aggettivi scelti da uno storico del passato per descrivere questa costruzione, palazzo civile e fortezza militare allo stesso tempo. L'aspetto severo, d'altronde, è confermato dal nome, che significa "scolpito nella roccia", perché si narra che le fondamenta del castello poggino su un terreno "bucato" da grotte in arenaria. Secondo le cronache, Roquetaillade fu cominciato nei primianni del XIV secolo (forse il 1306) su ordine del cardinale Gaillard La Mothe. Costui era nipote di Bertrand de Got, arcivescovo di Bordeaux, eletto papa Clemente V, il papa della "cattività avignonese", colui che "tradì" Roma per la città francese. Clemente V, dopo la sua elezione, si fece costruire fortezze e palazzi nella natia Villandraut, poco distante da Roquetaillade. L'esempio fu seguito dai suoi cinque nipoti (le loro residenze, sempre nella stessa zona, sono note come i "castelli clementini"), tutti colpiti dallo stesso virus ecclesiastico, tutti nominati cardinali. Così, anche Gaillard La Mothe decise di abbandonare la sua residenza, il Castello vecchio (le cui rovine furono poi tra-sformate in scuderie), e di farsi erigere, a poche decine di metri, quello che venne chiamato, dunque, "Château neuf". I due manieri formavano un unico complesso cintato, autentico capolavoro dell'architettura francese.
La pianta quadrata era stata suggerita dai castelli edoardiani del Galles e si ipotizza che qui in Francia intervennero gli stessi architetti al servizio del sovrano inglese. La storia dell'Aquitania, infatti, s'intreccia con quella dell'Inghilterra dopo che, nel 1152, Eleonora d'Aquitania sposò Enrico II Plantageneto. I Francesi esportavano il vino, gli Inglesi l'arte delle fortificazioni.
Viollet-le-Duc iniziò a lavorare a Roquetaillade nel 1864: allora l'architetto era un cinquantenne in carriera, attivo anche come restauratore e polemista, impegnato nella battaglia a favore del Gotico, inteso come logico e perfetto sistema architettonico, ben compatibile con le esigenze tecniche moderne.
Il suo discepolo Duthoit veniva da una famiglia di scultori
che lavorarono molto con Viollet-le-Duc. Alla sua nascita, nel 1837, la madre
costruì una cappella gotica nell'attico della casa. Dunque, il giovane
Duthoit crebbe facendo apprendistato in famiglia, uno "stampo" ideale
che il suo maestro non faticò a riconoscere. Lo prese nel suo atelier
e lo raccomandò successiva-mente come disegnatore all'archeologo Melchior
de Vo-gué, che, nel 1861, stava progettando una lunga spedizione in Siria
e Libano. A Roquetaillade Duthoit si fece valere realizzando le intenzioni di
Viollet-le-Duc, che usava chiamarlo "il mio giovane aiutante di campo".
Tra i più evidenti rimaneggiamenti realizzati dalla coppia ci sono la
creazione degli assommoir (le aperture che servivano a gettare pietre e macigni
sui nemici, assenti nell'originario edificio) e della merlatura, inter-venti
di allargamento e di rivisitazione gotica delle fine¬stre. Se però
l'esterno ha mantenuto abbastanza l'aspet¬to autentico, non altrettanto
si può dire degli interni, che fanno a pugni con la sobrietà delle
mura. Non solo per "colpa" dei due restauratori.
Qualcosa, infatti, già si trovava nel castello. Come i camini rinascimentali, realizzati nel XVI secolo, decoraticon trofei militari, ghirlande e statue; modelli un po' pesanti, non troppo eleganti, che riprendono anche il dise¬gno di camini del vicino Castello di Cadillac. Quello della Sala sinodale di Roquetaillade, inoltre, ha nelle sculture evidenti riferimenti al Michelangelo fiorentino della Sagrestia Nuova di San Lorenzo.
Il marchio di fabbrica "Viollet-le-Duc" si riconosce, invece, nel grande scalone, accolto con entusiasmo dai padroni di casa, sul quale è sospesa la lanterna, disegnata da Duthoit, in un gusto più eclettico, nel 1872. Ma la sensazione di un "trasversalismo" stilistico si ha nelle Camere rosa e verde, dove fu creato uno stile un po' kitsch, che venne definito "un tocco di Gotico, di un Gotico dal sapore islamico o bizantino". Un sapore orientale forse scoperto e importato da Duthoit durante i suoi viaggi nel Nord Africa e in Sicilia. Il miscuglio di gusti è sottolineato dai mobili in stile Secondo Impero, provenienti dalla produzione parigina di Tricot e Jeancourt, e che ebbero un grande successo: per la loro semplicità furono presentati e recensiti su un giornale specializzato del tempo da un altro pupillo di Viollet-le-Duc, Anatole de Baudot. Proprio come oggi si apprezzano le sedie di Sottsass e Mendini o le lampade di Castiglioni.
La mancanza di fondi dovuta alla guerra franco-prussiana e una grave crisi della produzione vinicola causarono l'interruzione nei lavori di rifacimento di Roquetaillade tra il 1870 e il 1874. Il sogno spezzato si ricompose solo in parte pochi anni più tardi, quando Duthoit fece della cappella un tripudio di "orientalismo". L'ultimo segno di una ristrutturazione oggi facilmente criticabile. Ma questo era il Medioevo vagheggiato più di cento anni fa.
— di Giovanni Mariotti
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